Che fine fanno i vestiti riciclati che vengono dati alle grandi catene? Una ricerca svela il mistero e spiega cosa succede.
Negli ultimi anni si è dedicata sempre maggiore attenzione all’ambiente e alla necessità di tutelare ciò che ci circonda. L’inquinamento ha raggiunto livelli preoccupanti, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il cambiamento climatico preoccupa e allarma. E’ necessario agire subito per provare a cambiare una situazione critica.
Il mondo della moda nel corso degli anni ha certamente avuto le sue colpe quando si parla di inquinamento. Soprattutto da quando si è diffusa la fast fashion. Se prima un vestito durava moltissimo tempo, ed erano pochi i cambi che si avevano a disposizione, oggi i nostri guardaroba sono praticamente infiniti. La “fast fashion”, la possibilità cioè di comprare abiti industriali ad un basso prezzo, ha fatto si che si potessero acquistare molti più capi.
Il potere cambiare guardaroba ogni anno, oltre alla minore qualità degli abiti rispetto al passato, fa si che molti abiti vengano buttati via dopo pochissimo tempo. Un vero danno per l’ambiente, anche perché sempre più spesso sono fatti con materiali sintetici. Ogni anno sono ben 92 milioni di tonnellate i rifiuti tessili creati dall’industria.
Il riciclo nella fast fashion
Per contrastare questo effetto devastante sull’ambiente, molte delle più note catene di fast fashion hanno cercato di invertire la tendenza e proporre ai propri clienti programmi di riciclo. Gli abiti potranno insomma essere riconsegnati per poi avere una nuova vita e venire riutilizzati.
In questo modo si ammortizza quelli che sono gli effetti negativi della fast fashion a livello ambientale. Ma questi programmi funzionano davvero? I capi vengono veramente riutilizzati?
Ambientalismo o marketing?
A causa della loro scarsa qualità, purtroppo, la grande maggioranza degli abiti non può venire riutilizzata. Secondo l’analisi della ONG Changing Markets Foundation, i tre quarti degli indumenti consegnati ai negozi per essere riutilizzati o riciclati finiscono con l’essere distrutti, abbandonati nei magazzini o inviati in Africa senza che si sappia il loro destino. Molti vengono triturati per altri usi o scaricati.
Al momento, insomma, la pratica sembra più un modo di accalappiare i clienti vogliosi di dare il loro contributo alla causa ambientale e non inquinare che non un reale sforzo di limitare quello che è l’impatto devastante dell’industria della moda sul nostro ecosistema. Non resta che vedere se di fronte ai dati le grandi aziende proveranno a fare un reale sforzo per cambiare le cose.